In attesa del prossimo treno

Quante cose accadono alla stazione di un treno, lì la vita si accende di sfumature indefinite, partenze, addii, ritorni, abbracci, pianti, gioia, preoccupazione, le emozioni vagolano e saturano l’aria lasciando un contagioso senso di effervescenza sotteso un po’ ovunque tra mura, binari, e sedute là dove ancora esistono… e il tempo, il senso del tempo che scorre lì palpabile, prende la forme dei treni in fuga dietro al vento che innonda le banchine… 

Le stazioni sono un microcosmo di sensazioni, pensieri, ricordi, immagini e lo sono ancora di più in provincia dove l’alta velocità si è dimenticata di passare. Qui si entra in un’atmosfera che ha il suono dei racconti di Carver e i colori dei quadri di Hopper, strana coppia di un minimalismo quotidiano, non a caso messa insieme dall’immaginazione del nostro Aldo Nove, qualche anno fa nel suo “Si parla troppo di silenzio”.

 

E il silenzio è l’essenza di quel bar, spesso quell’unico bar, che traccheggia con il caos tra una pausa e l’altra da se stesso. Ed è proprio quel bar il cuore intermittente delle stazioni di provincia che si trasformano nelle sue arterie, disegnando la vita così un po’ come viene. 

 

Per appassionati di storie come noi, le stazioni non possono che essere luoghi di grandi suggestioni anche quando sono state messe fuori uso e i binari assopiti, e quel bar, quell’unico bar che le aveva nutrite, diventa l’unico custode di parole da ascoltare ancora una volta.

 

Nasce così il progetto “La locanda della stazione” di Urbino, un ristorante caffetteria che, grazie al suo proprietario, è riemerso dal silenzio, facendo sentire la sua voce. Una voce nuova e al contempo retrò che alle tappe del tempo ha voluto rendere omaggio.

 

Così abbiamo rivisitato questo luogo valorizzandone la natura, ed esaltando il momento dell’attesa, quando nelle vecchie stazioni il viaggio iniziava prima di tutto nel momento in cui si approdava davanti alla grande vetrata della biglietteria che qui, in questa nuova edizione, diventa protagonista della sala. Ricercati dettagli in stile vintage che ripropongono le atmosfere delle vecchie stazioni, compongono gli arredi definendo i nuovi spazi all’interno dei vecchi: dalla sala d’attesa al bancone, appunto, dalla biglietteria alla banchina.

 

Il bancone del bar assume un gusto da “Grande Gatsby”, unendo materiali pregiati come il marmo a materiali più umili come il legno; mentre un quadro di Hopper, non a caso, troneggia in un angolo del bar, ammiccando ai colori accesi ma non eccessivi del soffitto e delle mezze pareti che sembrano saltare fuori proprio da quel quadro; e gli specchi, contaminati dal tempo, riflettono e ampliano gli ambienti in un rimando di sguardi che ricorda i segreti dei banconi dei “noir”.

 

La locanda è proprio pensata come luogo di frequentazione quotidiana, in cui l’avvicendarsi degli avventori di colazione, pranzo e cena, riporta al passaggio dei viaggiatori in transito da un luogo a un altro, da un pezzo di vita ad un’altra.

 

E nell’attesa che il viaggio di ognuno si compia per la propria via, tutto accade, proprio come in uno dei racconti di Carver.