La doppia identità di una casa-galleria d’arte
Ogni progetto a cui ci dedichiamo nasce dall’incontro non solo con lo spazio e le sue specificità ma anche con la persona che incontriamo e la sua storia. Integrando bisogni dichiarati e necessità non verbalizzate, intuendo desideri remoti e studiando le espressioni rilevanti di un bagaglio preesistente, disegniamo la struttura del progetto in dialogo costante con l’energia di questi imprescindibili elementi.
Così dovendo immaginare la casa di uno storico dell’arte nutrita da opere artistiche di epoche e indirizzi diversi, sculture e oggetti di pregio che hanno un protagonismo esplicito, abbiamo lasciato che lo spazio a disposizione, un’immensa stanza unica di 80 mq con una significativa altezza di 5 e più metri, prendesse la forma di una galleria organica…
Uno spazio in cui, nel movimento, lo sguardo cadesse naturalmente sulle opere e sugli oggetti offerti alla vista senza alcun “nascondimento strutturale”, ma anzi seguendo un percorso personale a seconda del punto di vista scelto dal fruitore.
La libertà dello sguardo, unita alla libertà di movimento ci hanno permesso di creare in questa soluzione loft, resa ancora più affascinante se si pensa inserita in un palazzo antico, un percorso narrativo che, alla base anche di molta produzione artistica, unisce l’alto e il basso, il cielo con la terra attraverso uno degli oggetti più funzionali e al contempo simbolici mai esistiti in ambito architettonico: la scala.
Frank Llyod Wright costruisce il tempio dell’arte contemporanea, il Guggenheim di New York, proprio intorno ad una scala elicoidale che permette, nello spostamento dall’alto verso il basso, una contemplazione attiva di tutte le opere esposte. Uno “scendere” verso la comprensione che rivoluziona il concetto stesso di fruizione artistica.
Il gioco per noi, si è organizzato sempre intorno a questo scendere e salire, attraverso però una scala in lamiera bianca piegata che seppur centrale, non invade la verticalità dello spazio, disegnandosi nell’aria come un foglio di carta sottile. Un origami-scultura, tra le altre, che apre l’accesso al soppalco che segue la stessa lineare ed essenziale presenza, dialogando con gli intonaci decorativi dei soffitti restaurati.
La parete centrale tra le due finestre, pensata dal proprietario come spazio espositivo, diventa il fulcro di questa passeggiata d’arte “in salita”, mentre nella discesa incontriamo ed entriamo nello spazio più domestico: la cucina minimal con le sue due isole che pure non mancano una relazione con quadri e pezzi d’antiquariato e con la libreria a doppia altezza integrata nel sotto e sopra del soppalco.
Una doppia identità di casa-galleria, dai contorni sfumati, in cui la luce delle ampie finestre avvolge lo sguardo di chi spazia sui quattro fronti di un ambiente in cui intimità e mondanità si alternano piacevolmente senza soluzione di continuità.
Quando si dice che una casa, per essere tale, debba parlare del proprietario, è proprio perché a monte, quella storia, deve saper contenere e raccontare.
Quindi bene il nostro intervento e il nostro progetto, ma sempre con la volontà di omaggiare chi quel progetto poi lo farà realmente vivere.
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